martedì 2 novembre 2010

Andrea Camilleri - IL SORRISO DI ANGELICA (Arcangela)

Andrea Camilleri
Il sorriso di Angelica
Ed. Sellerio
Romanzo noir
“Il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto”.
Nella nota alla fine del libro Andrea Camilleri parla del motivo ispiratore de Il Sorriso di Angelica; a Roma, qualche tempo fa, una banda di ladri ha svaligiato numerosi  appartamenti con la stessa tecnica descritta nel romanzo, da questo fatto di cronaca  ha desunto la traccia da prende l’avvio la storia,  ma per quali tortuosità poi, prosegue e finisce, lo sa solo la sua fantasia.
ARCANGELA
Incipit medesimo: arrisbigliamenti di Montalbano, questa volta non è solo nel letto, c’è Livia, ma ha già dimenticato la sua presenza dormiente. Il romanzo inizia con un sollenni moto di gelosia di Montalbano e nel corso della narrazione Salvo sarà geloso, furioso e libidinoso ai limiti della lascivia.
Una serie di furti nelle case di noti professionisti animano il commissariato di Vigàta, Montalbano è alle prese con questi reati e come sempre diventa una partita personale tra lui e l’autore o gli autori dei medesimi reati. A scompaginare la faccenda, la presenza di una bella trentina, di Trieste, di “stanza” a Vigàta, pardon, cassiere capo alla Banca siculo americana, anche lei vittima di questi ladri, che fa perdere il lume della ragione a Salvo. La vicenda giudiziaria si complicherà a seguito di   due omicidi, ma  questo farà parte delle indagini il cui corso lo lasciamo a tutti quelli che leggeranno il libro.
La presenza che primeggia e dà il titolo al romanzo è femminile, quei ritratti di femmina che forse sono retaggio della gioventù dell’autore, in questo caso contaminato da reminescenze letterarie, ma così conturbanti e di bellezza dirompente da far uscir di senno.  Il primo incontro è un’apparizione metafisica, la donna di carta, l’Angelica dell’Ariosto che s’incarna nella realtà. “Era precisantifica,na stampa e’na figura, con l’Angelica dell’Orlando furioso, accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carne, a sidici anni, talianno ammucciuni le illustrazioni di Gustavo Doré   che so zia gli aviva proibito”. E’ solo il principio di una passione tanto improvvisa quanto tardiva; non è la prima volta che il nostro eroe si trova invischiato nelle maglie degli spasimi amorosi e di esserne letteralmente travolto come un adolescente, infatti frammisti, sono inseriti due versi della poesia di Cardarelli  Adolescente “Un pescatore di spugne,/avrà questa perla rara. La confusione fatta tra il sogno di picciotto, ogni pensiero ed incontro con Angelica sono intercalati da versi dell’Orlando Furioso, e la realtà di uno squasi sessantino, lo rendono  ridicolo, non era dignitoso per un uomo come lui dare di spettacolo indegno e miserabili. Sensi di vrigogna e pentimenti non gli impediscono di abbandonarsi con tutti i sensi tra le braccia di Angelica “ Pieno di dolce ed amoroso affetto/alla sua Donna, alla sua Diva corse/che con le braccia al collo il tenne stretto…
Il commissario romanzo su romanzo si priva della sua scorza esteriore e si disarma di volta in volta che l’età avanza., la sua è un’anabasi indotta dall’incalzare del tempo che ce lo rendono sempre più indifeso, solo, e la sua millantata ed incauta improntitudine è una difesa sempre più debole. Le sue sfuriate memorabili, i suoi colpi di scena sono in difetto rispetto ai suoi dialoghi interiori in cui il suo io ha il sopravvento.
Mentre Salvo acquista sempre più sfaccettature introspettive e sembra uscire dalle pagine scritte come la vagheggiata Angelica, gli altri personaggi, senza sminuirli,  sono cristallizzati nei loro ruoli come maschere teatrali. Se di teatro si tratta con tutte le messinscena immaginabili, quello di Camilleri è imperdibile, da teatro di prestigiosa memoria.
La scrittura sta subendo una irreversibile mutazione verso la lingua dialettale, una naturale anastomòsi   più involuta e più aderente alla tradizione orale, direi ermetica nei suoi vocaboli così fissati nel tempo,  la lettura diviene un esercizio acrobatico, linguistico-espressivo anche per chi siciliano è.
Senza  enfasi né lodi sperticati chioserei con uno slogan trito e un po’ frivolo: Camilleri è sempre Camilleri e…Montalbano è sempre Montalbano anche quando corre il rischio di essere nazional popolare o considerarlo solo un marchio di garanzia.  



Autore. Andrea Camilleri (1925), è autore di oltre 60 romanzi tra storici, civili e polizieschi, e di diverse raccolte di racconti, tradotti in più di 30 lingue. Vincitore di numerosi premi in Italia e all’estero, è noto al grande pubblico anche per i romanzi dedicate alle inchieste del commissario Montalbano, da cui è stata tratta la fortunata serie televisiva. Tra i tanti titoli ricordiamo: “La forma dell’acqua”, “Il cane di terracotta”, “Il ladro di merendine”, “La voce del violino”, “La stagione della caccia”, “Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”, “La gita a Tindari”, “Maruzza Musumeci”, “Il casellante”, “Il campo del vasaio”, “L’età del dubbio”, “Un sabato, con gli amici” “Il sonaglio”  “ La caccia al tesoro”… 

domenica 17 ottobre 2010

'Ala Al-Aswani - PALAZZO YACOUBIAN (Giovanni)

Ala Al Aswani è nato nel 1957. Autore del romanzo di grande successo internazionale “Palazzo Yacoubian” è un dentista che vive ed esercita il suo mestiere in Egitto.
L’indirizzo del suo primo studio era proprio quello: Palazzo Yacoubian, Il Cairo.
Già collaboratore di giornali e riviste egiziane, nel 2002 ha avuto questa brillante idea di prendere a raccontare le storie e le umane vicissitudini che le pareti di quel glorioso e particolare palazzo – costruito da un miliardario armeno negli anni ’30 – hanno visto intrecciarsi al proprio interno. L’autore afferma con sicurezza essere tutte storie – quelle da lui raccontate – di pura fantasia; fatto sta però, che sembra abbia già ricevuto una serie di querele da persone che da sempre vivono in quel palazzo e che sembra si siano offese riconoscendosi nel libro in questione.
Fatto sta che Ala Al Aswani – co-fondatore del movimento di intellettuali Kifaya che lotta per i diritti civili ed il progresso democratico – descrivendo un variegato intreccio di storie e personaggi ha ottenuto un fantastico successo nel mondo arabo, ponendosi, come numero di copie vendute, addirittura subito dopo il Corano.

 
Ogni romanzo, per definizione, racconta una storia. Oggi siamo sommersi da romanzi di ogni genere e da ogni parte del mondo. È però veramente raro trovare un libro che non si limiti a raccontare una storia, ma che presenti e condensi in sé tutto un Paese, tutta una società, tutta un’epoca. Questo è il caso di Palazzo Yacoubian, primo romanzo del medico egiziano ‘Ala Al-Aswani. In esso si raccontano le vite di diversi abitanti,ricchi e poveri, di questo palazzo nel cuore del Cairo, una volta sfarzoso, oggi decadente. Davanti a noi compaiono l’aristocratico decaduto amante della Francia e delle donne, il figlio del portiere che abita sul tetto e sogna di fare il poliziotto, ma finisce per unirsi ai Fratelli Musulmani, la sua fidanzata, che per lavorare deve sottostare alle “richieste” dei datori di lavoro, l’intellettuale gay, e molti altri personaggi. Al-Aswani è molto abile nel tenere l’attenzione sullo svolgimento dell’azione, alternando le varie storie, accompagnandoci un po’ nelle vite dei protagonisti e poi lasciandoli ad un certo punto, per poi riprenderli dopo alcune pagine. In questo modo, riesce a creare una narrazione corale in cui nulla è ridondante, nulla è fuori posto, e tutto fluisce dalla prima all’ultima pagina. Infatti, la caratteristica del romanzo è quella di essere, potremmo dire, “neorealista”: l’autore non compare, si limita a raccontare e ad ordinare i fatti, lasciando il giudizio su ciò che accade agli stessi personaggi e al lettore, che è chiamato a raccogliere tutti i segni nelle singole storie per capire la società egiziana nel suo complesso. Ma comunque l’intento del “documentarista” è ben chiaro: si tratta di un’accusa violenta alla società egiziana, in preda all’ipocrisia, alla corruzione , al classismo e ad un servilismo interessato. Per l’autore, l’Egitto moderno è governato da una classe dirigente per cui “quello egiziano è il popolo più obbediente che ci sia, perché è fondamentalmente pigro e accondiscendente; non occorrono brogli, l’Egiziano voterà per chi ha il potere in quel momento”. Ma nonostante i politici del libro dicano così, la corruzione c’è, ed è tanta, a tutti i livelli. Per qualunque posto di rilievo occorre pagare, ed è così che i poveri sono senza speranza, e la ricchezza si perpetua nelle mani degli stessi ricchi. Nelle figure di Taha, il povero figlio del portiere, e la sua fidanzata Buthyaina si legge la rassegnazione, il desiderio di uscire da un  Paese che non può offrire niente a loro se non umiliazioni. Un Paese claustrofobico, chiuso deliberatamente ad ogni progresso. Ed è in tale situazione che la rassegnazione e la povertà si mescolano, e portano giovani come Taha ad avvicinarsi al fondamentalismo islamico, visto come promessa di una vita migliore, ma anche come protesta verso uno Stato, che si proclama laico, che ha fallito.
Quindi, questo romanzo ha una forte valenza sociale, anche per il fatto che Al-Aswani in Egitto è uno degli intellettuali più attivi nella protesta contro la dittatura di Mubarak. Ma oltre a presentare il Cairo del 2002, dà anche a noi, lettori occidentali di regimi cosiddetti “democratici”, motivi di riflessione. Dopotutto, i personaggi sono sì abitanti dell’Egitto contemporaneo, e in quanto tali ben caratterizzati; ma essi sono anche un esempio vivido di tutti i tipi umani. I desideri e i sogni di Taha sono gli stessi sogni e desideri di ogni adolescente, e così sono le sue delusioni e le sue angosce, che lo spingono a trovare riparo tra i Fratelli Musulmani; cerca un nuovo senso nella vita, e questa ricerca si mescola alla rabbia di non essere accettato com’è.  Ogni giovane ci si può riconoscere, come si può riconoscere nel desiderio di andarsene di Buthyaina. Poi c’è il vecchio nobile nostalgico, amante delle donne e del vino, simbolo di un edonismo orgoglioso , ma anche della paura di invecchiare; e l’intellettuale gay, alfiere di una minoranza combattuta, ma nonostante ciò orgoglioso e dignitoso nella sua scelta di vita. Si potrebbe continuare così per molto, visto che ogni personaggio racchiude in sé un mondo; ma ciò che veramente conta è che questo dentista del Cairo, strenuo difensore della libertà di parola, è riuscito a creare un gioiello di letteratura, ben calato nella società in cui vive, ma contenente tutto l’universo delle passioni e dei difetti umani. Proprio come solo i grandi libri possono fare. ‘Ala è grande.

Giovanni Collot

domenica 10 ottobre 2010

Andrea Camilleri - L'INTERMITTENZA (Arcangela)

Arcangela Cammalleri
L’intermittenza di Andrea Camilleri
Ed. Mondadori
Romanzo
Migliaia di lavoratori a rischio.
Manager spregiudicati. Due donne bellissime.
Un thriller spietato, veloce come un battito di ciglia.
L’intermittenza, l’ultimo libro di Camilleri non può non richiamare alla memoria Un sabato con gli amici: stesso stile secco ed essenziale quasi a cogliere e collocare i personaggi ( il lettore riesce questa volta a districarsi tra i vari nomi dei personaggi e loro relativi ruoli e legami grazie all’elenco presente all’inizio del libro) all’interno delle proprie crepe morali.
Siamo dentro il mondo degli affari sporchi, dell’imprenditoria spietata e predatrice, della politica cialtrona e opportunista. Senza soluzione di continuità s’intersecano i rami dei vari settori alla cui base ci sono profitto, convenienza e malaffare, ma Camilleri idealmente vuole spezzare questo fil rouge di vasi comunicanti inventandosi: L’intermittenza. “Silenzio totale, assoluto, come se intorno gli fosse sorta una bolla d’aria insonorizzata, inglobandolo. I muscoli paralizzati, non obbediscono agli impulsi inviati dal cervello. Poi, senza preavviso, si sblocca. Il contatto con il mondo viene ristabilito. Per una frazione di secondi i rumori hanno un così forte  innalzamento di volume che gli rintronano dentro la testa, lo stordiscono”.
Una corrente che si alterna o un black-out momentaneo interrompono ambizioni ed illusorie vanaglorie di chi mercifica tutto quello che tratta.
 Siamo in una metropoli  del nord (Camilleri istantaneamente assume un registro linguistico formale e composto), al centro il patriarca-presidente di una grande industria, la Manuelli il cui figlio, Beppo, una nullità totale, ricopre indegnamente la carica di vice Direttore generale; il Direttore del Personale, Guido Marsili è  un rullo compressore, senza ripensamenti, senza scrupoli, freddo e implacabile, ma con una segreta passione per la poesia e il Direttore generale  Mauro De Blasi, manager importante che tiene tutto sotto controllo, eppure…avvisaglie di défaillance lo frastornano e lo lasciano inerme: “Fu allora che ebbe lacerante certezza della prossimità della sua morte”. La crisi nazionale aleggia sul Paese e la Manuelli fagocita l’azienda Artenia di Birolli sull’orlo del fallimento. Mauro De Blasi porta avanti le trattative in segreto, offrendo  una certa  cifra per il  pacchetto azionario dell’azienda soccombente. Portare le perdite in riduzione dei loro utili: cento milioni di perdite finanziarie giacenti nell’Artenia sarebbero sprecati, portati nel bilancio della Manuelli varrebbero 40 milioni di minori tasse. Birolli si sarebbe  liberato dei creditori e la Manuelli avrebbe guadagnato di più di quel che  avrebbe pagato: il pesce grosso che divora quello più piccolo. Personaggi maschili tagliati con l’accetta, di sordido profilo, sempre pronti a captare l’affare losco e a mantenere il potere senza cedimenti. Tagli del personale, cassa integrazione galoppante e trattative con il  politico di turno tracciano un quadro economico e finanziario molto simile alla realtà odierna. Le figure femminili assumono connotati propri dell’ambiente in cui vivono, Marisa, la bella moglie di De Blasi, ricca ed annoiata incline ai tradimenti; Anna, la segretaria di Mauro  la cui vita pubblica sicura e motivata contrasta con la privacy deserta e vuota, facile agli abbagli amorosi; la bella nipote di Birolli, Licia, consulente del capo di un grande gruppo industriale, Luigi Ravazzi, si occupa di economia con grande disinvoltura. Eppure in queste donne apparentemente così risolute, granitiche per il lavoro che svolgono e per i ruoli che ricoprono sono da Camilleri rappresentate sempre con estrema cautela e, spesso, spogliate dalla scorza esteriore che le caratterizza. La donna, l’eterno femminino appare in tutto il suo spessore e anche l’oca cristallizzata nella sua apparenza gradevole e accattivante mostra le sue fragilità interiori. In questo romanzo Camilleri assume il ruolo di  evocatore dei destini italici, senza cadere nella trappole della retorica e nelle insidie del moralismo. In una prosa curata e controllata, dove le parti dialogiche non sono meno a quelle narrative- riflessive non c’è scampo  alfine per chi vuole alzare sempre la bandiera del vincitore. Ha ancora fatto centro Camilleri? Senza aspettarsi il capolavoro o l’intuizione geniale, a mio modesto parere e da fans della prima ora,  risponderei di sì.       



Autore. Andrea Camilleri (1925), è autore di oltre 60 romanzi tra storici, civili e polizieschi, e di diverse raccolte di racconti, tradotti in più di 30 lingue. Vincitore di numerosi premi in Italia e all’estero, è noto al grande pubblico anche per i romanzi dedicate alle inchieste del commissario Montalbano, da cui è stata tratta la fortunata serie televisiva. Tra i tanti titoli ricordiamo: “La forma dell’acqua”, “Il cane di terracotta”, “Il ladro di merendine”, “La voce del violino”, “La stagione della caccia”, “Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”, “La gita a Tindari”, “Maruzza Musumeci”, “Il casellante”, “Il campo del vasaio”, “L’età del dubbio”, “Un sabato, con gli amici” “Il sonaglio”  “ La caccia al tesoro”… 

martedì 21 settembre 2010

Zoran Živkovic - L'ULTIMO LIBRO (Arcangela)

ARCANGELA CAMMALLERI
Questo romanzo è un thriller postmoderno sulle orme di Borges, a detta di tanti critici, la cui trama ricorda alla lontana Il nome della rosa di Umberto Eco. Il protagonista della storia è il libro e precisamente l’ultimo libro che svelerà il mistero di cui è intricato il plot. La trama sarà solo accennata per non togliere la suspense a chi vorrebbe leggere il romanzo. Delle morti si susseguono, luogo inusuale, in una libreria Il Papiro, mentre abituali clienti stanno leggendo un libro. L’ispettore Dejan Lukic, le due libraie Vera Gavrilovic e Olga Bogdanovic indagano alla ricerca di motivazioni e colpevoli di questi decessi inspiegabili, ma la soluzione dell’enigma sarà inaspettata e imprevedibile, al limite del paradossale e metafisico. Sullo sfondo della capitale serba, ai giorni nostri, in giornate autunnale e piovose, scorrono sensazioni di déjà lu, immagini oniriche ed incubi surreali; scaffali di libri come montagne sovrastanti occupano le pagine del romanzo. La libreria, la sala da tè in cui si consuma un cerimoniale tanto raffinato quanto orientale, in un’atmosfera di esalazioni di essenze che sovrapponendosi inebriano, l’edificio di medicina legale grigio e cupo, oltre un’alta recinzione, una villa segreta, luogo d’incontri di una setta di incappucciati, tutto secondo un sistema rigido proprio di un ordine segreto, sono gli ambienti in cui si muovono i personaggi della storia. Tema dominante è la letteratura e i suoi rapporti intercorrenti con l’autore: dov’è il confine tra immaginazione e realtà? In una fascinazione misteriosa si dipanano sogni e fantasia. Sulla superficie della letteratura, della cultura libresca e dell’amore per la scrittura, l’autore inventa una storia dal sottofondo scuro e criptico. Il libro e il suo ambiguo contenuto di verità e menzogna diventa un sortilegio che confonde e spiazza. Lo stereotipo dell’equazione: giallo uguale bassa letteratura è da Živkovic superato; l’alta letteratura non si nutre di generi letterari, li travalica! In uno stile alto, fascinoso e scorrevole, il romanzo s’incentra su un’idea vincente, un’emozione, un’invenzione godibile e fruibile per tutti quelli che amano le buone letture.

L’Autore: Zoran Živkovic è nato nel 1948 a Belgrado dove vive con la moglie e i due figli gemelli. Ha compiuto gli studi di filologia e teoria della letteratura all’università della sua città. Ha pubblicato diciotto volumi di narrativa e cinque di saggistica, con i quali ha vinto numerosi premi, in patria e all’estero. Le sue opere sono tradotte in molti Paesi tra i quali Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Olanda Russia, Spagna, Stati Uniti e Ucraina. Il suo blog è zoranzivkovic.wordpress.com.



lunedì 20 settembre 2010

Henning Mankell - IL CINESE (Arcangela)


Il cinese di Henning Mankell
Ed. Marsilio
Genere Thriller politico
Titolo originale Kinesen
Traduzione di Giorgio Puleo
Un libro in cui l’intreccio tra il giallo e lo storico è un intrigo ben riuscito

ARCANGELA CAMMALLERI
In un villaggio svedese, a Hesjövallen, avviene una strage: 19 corpi trucidati, tutti di persone anziane tranne quello di un ragazzino di circa 12 anni, vengono ritrovati nelle loro case. 19 nomi, tre famiglie, un corpo dopo l’altro, tutti contraddistinti dallo stesso furore folle, le stesse ferite inferte con un’arma affilata. Non è una normale indagine, tutto è così orribile da risultare incomprensibile. La responsabilità del caso è affidata alla poliziotta Vivi Sundberg, tenace e con una grande capacità di analizzare anche i più piccoli indizi. Per una strana e misteriosa tela di parentele sarà coinvolta nell’inchiesta, sia pure non in forma ufficiale, il giudice Birgitta Roslin. Da questo truce fatto di sangue si dirama una storia le cui radici affondano in un lontano passato lungo 140 anni. Dalle gelide foreste scandinave attraverso differenti piani temporali la trama si snoderà in Cina, negli USA, in Africa per ricomporre il suo tragico epilogo in Svezia. Mankell costruisce un libro corposo, una storia d’ampio spettro storico e riesce a dar vita ad un quadro di vite consunte dalla vendetta e dalla sete di riscatto sociale. Un frammento di storia, nell’800 molti cinesi furono venduti e sfruttati come schiavi in USA, nel Nevada, durante la costruzione della ferrovia, racconta con toni forti e partecipi la condizione di chi non ha riconosciuti nemmeno i più elementari diritti umani e soffre della propria dignità offesa. Di quanto la via del progresso e del profitto economico abbiano sacrificato migliaia di vite umane. Il passato, a volte, quando è stato troppo doloroso non si dimentica e l’odio è un fiele che avvelena l’esistenza. Dall’inizio della storia al suo svolgimento, il lettore è trasportato all’interno di un’altra storia a tinte fosche che costituisce il corpo centrale del plot in cui si dispiegano le vicende umane di Wang San, di Ya Ru, di Liu… Il diario di San esprime la rabbia cresciuta dentro di sé, il viaggio umano nel dolore di un uomo e lo scrive perché i suoi discendenti non dimentichino le ingiustizie subite. L’ingiustizia pesava su tutta la Cina. La parte finale si ricollega all’inizio come uno schema concentrico. Mankell racconta della Cina di Mao, del movimento contadino convinto di sollevarsi dalla miseria e che ha fatto enormi passi avanti, ma devono i cinesi ancora combattere contro la miseria che è ancora grande. Il cammino è ancora lungo. La Cina pre-olimpiade che ai suoi vertici ordisce trame politiche e i cui leader moderni si sono sostituiti ai vecchi capi del partito comunista con metodi corrotti e antidemocratici. L’eterno scontro tra gli ideali che non riescono a sopravvivere alle pressioni di una realtà che i vecchi teorici non avevano mai compreso. Mankell intreccia il genere giallo e quello storico in modo naturale senza discrepanze stilistiche né di contenuto, tutto viene ricomposto nella sua giusta collocazione. I personaggi si delineano man man che ci si addentra nello scritto, la loro natura umana emerge in tutte le proprie sfaccettature. È un romanzo interessante che appassiona sin dalle prime pagine e si legge come “si suol dire” tutto di un fiato. 



L’autore. Henning Mankell, scrittore e regista teatrale, è nato a Stoccolma nel 1948, vive tra la Svezia e il Monzambico. Dal 1998 è sposato con la regista teatrale e televisiva Eva Bergman, figlia di Ingmar Bergman. È autore dei gialli con protagonista il commissario Wallander, nove episodi tradotti in 40 lingue che hanno venduto nel mondo 30 milioni di copie. La serie comprende i titoli: Assassino senza volto, I cani di Riga, La leonessa bianca, L’uomo che sorrideva, La falsa pista, La quinta donna, Delitto di mezza estate, Muro di fuoco e Piramide. A ottobre 2010 verrà pubblicato L’uomo inquieto, l’ultimo caso del commissario Wallander. Nel catalogo Marsilio, anche i gialli Il ritorno del maestro di danza, Il cinese, e il libro testimonianza Io muoio, ma il ricordo vive. Un’altra battaglia contro l’Aids.




A CURA DI ARCANGELA CAMMALLERI


lunedì 6 settembre 2010

Dennis Lehane - L'ISOLA DELLA PAURA (Arcangela)

“Dobbiamo sognare i nostri sogni e dar loro vita?”
Elisabeth Bishop. Question of travel
Arcangela Cammalleri
Questo romanzo è un thriller ad alta tensione, psicologico e coinvolgente. La trasposizione cinematografica di Martin Scorsese ricrea le stesse atmosfere cupe e claustrofobiche del libro, scene apocalittiche  durante l’imperversare dell’uragano e personaggi tetri e foschi, alcuni dei quali hanno solo parvenze umane. L’isola è la protagonista assoluta della storia, una cosa che cattura nelle sue spire chi approda e  non sa che è un viaggio senza ritorno. Ciò che appare sembra, ma non  è reale; la vita reale è labile come foschia che dirada all’orizzonte, solo gli incubi depredano il cervello umano e come alieni invadono i gangli nervosi. L’agente federale Teddy Daniels, eroe di guerra (nella seconda guerra mondiale), porta i suoi fantasmi interni sull’isola. Nel settembre del 1954, da Boston dove abita, è inviato nell’isola di Shutter, a Ashecliffe Hospital, un manicomio criminale per indagare la scomparsa di una  certa paziente, Rachel Solando. La trama non si può raccontare, come ogni noir, degno di questo nome, deve rimanere nel mistero e solo chi lo legge può trarne le sue conclusioni. Ma si può sottolineare i temi di fondo sottesi alla storia: la guerra che fabbrica eroi mediante omicidi legalizzati e devasta il cervello e il fisico fino, a volte, all’annientamento, le pratiche psichiatriche da camicia di forza e pene detentive, spacciate per cure per le malattie mentali, la società americana con i suoi perversi meccanismi di supposta autodifesa che annega i suoi fantasmi nell’alcool e in un rigido moralismo patriottico. Un finale aperto sorprende e le ultime pagine e le ultime righe sono un colpo mancino da parte dell’autore assestato con astuzia e con una buona dose di perfidia. Lambiccarsi il cervello e indurre alla riflessione sono i messaggi sublimali che Dennis Lehane lancia al lettore. Come rimanerne? Delusi? No, perché il protagonista ci entra nella mente, in quel suo continuo arrovellarsi; le visioni, i sogni, sono così fisici da frantumare l’interezza dell’io. Le sue sofferenze, così tangibili, dilaniano ogni fibra del suo corpo che sembra quasi di sentire  e percepire, attraverso le pagine, tutte le sensazioni  più intime. I traumi passati diventano un’arma che si ritorce su se stessi, ci sono esperienze, quali la guerra, la morte violenta che inesorabilmente l’animo, sconvolgendo la psiche. In questa narrazione l’amore del protagonista per la moglie è totalizzante, terribile “segnanoLei era stato tutto l’amore che avesse mai provato” e questo amore è descritto come gioia, esaltazione prima,  sofferto, tormentato  e senza tregua dopo, consuma il suo spirito. Lehane coglie ogni dettaglio dei sentimenti che vivono nella mente di Teddy, esplora l’animo umano con grande psicologia. E come se svegliasse la memoria intorpidita dal troppo dolore e scavando in profondità facesse affiorare tutto l’indicibile non altrimenti sopportabile. La verità non sempre è il bene, l’apparenza di essa è eticamente accettabile quando la pretesa di possedere una verità assoluta  è relativa all’individuo.  Una bella scrittura, una bella riflessione sull’uomo quando la sua vita si trasforma in dramma e tutto precipita, uno dei motivi per leggere questo libro ed apprezzare l’intenzione profonda che muove l’autore a raccontare questa vicenda.

 

  Dennis Lehane.  Di origine irlandese, vive a Boston, dove ha ambientato tutti i suoi romanzi. Dopo aver fatto i mestieri più disparati, si è dedicato interamente alla scrittura. I suoi romanzi sono venduti con grande successo in tutto il mondo e pubblicati in Italia da Piemme. Tra gli altri ricordiamo La casa buia. Gone Baby Gone, diventato un film per la regia di Ben Affleck. Mistic River. La morte non dimentica, bestseller internazionale da cui è stato tratto il celebre film di ClintEastwood, e Quello era l’anno, con cui si cimenta nel grande romanzo epico. Da L’isola della paura Martin Scorsese ha tratto il film Shutter Island, con Leonardo DiCaprio e il Premio Oscar Ben Kingsley.






Andrea Camilleri - UN ONOREVOLE SICILIANO (Arcangela)

                                      
Arcangela Cammalleri
   Quarta di copertina.
“Secondo me, questo è il punto; l’illecito arricchimento. Questa proposta va benissimo, ma bisogna allargarla, estenderla; il controllo, cioè, deve estendersi anche a noi, che stiamo su questi banchi, a coloro che siedono sui banchi del senato, a coloro che siedono nelle assemblee regionali e nei consigli municipali, non trascurando nemmeno certi funzionari e certi ufficiali che hanno il compito di prevenire e reprimere appunto il fenomeno mafioso.”
Leonardo Sciascia, Sul fenomeno mafioso


Andrea Camilleri in questo scritto riporta e commenta Sciascia politico, le interrogazioni e le interpellanze che presentò quando (il suo primo impegno politico risale al 1975 quando si candidò come indipendente nelle liste del partito del PCI alle elezioni comunali di Palermo) fu deputato alla Camera  come indipendente nelle liste dei radicali nell’arco di tempo tra il 1979 e il 1983. Fece parte della commissione per gli Affari esteri e della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro. L’impegno politico dello scrittore siciliano fu diretto come deputato e indiretto attraverso degli articoli che pubblicò prima sul Corriere della Sera e poi sulla Stampa relativi all’evolversi delle BR, al terrorismo. Veemente, incisivo ed eticamente impegnato sia nella scrittura sia nella politica profuse idee, energie e grande forza espressiva. Nella realtà politica vedeva come una specie di proiezione  dei fatti immaginati nei suoi scritti, la prefigurazione  e poi il verificarsi di essi erano la comprova di quanto smarrimento e preoccupazione potesse destare una classe politica criticabile nei suoi atti; “il mio essere contro lo Stato” va visto – diceva - come una delusione e non come un’avversione”. Infatti affermava che la politica fosse un’attività mediocre per uomini mediocri. Ma a chi gli chiedesse perché facesse politica lui che mediocre non era né pensava di esserlo rispondeva che un uomo vivo ha diritto alla contraddizione, in nome della vita, della speranza. Occuparsi di politica nel  senso etico, anche se è confusione voler scambiare la politica con l’etica,  sarebbe stato felice se gli italiani cadessero in tale ben salutare confusione.
Camilleri riporta fedelmente gli undici interventi di Sciascia che sicuramente risultano di suo pugno e commenta brevemente  evidenziando i punti cardine di ciascuno di essi.
Come deputato, Sciascia partecipò attivamente alle sedute della commissione d’inchiesta sul sequestro e l’assassinio di Moro, redigendo una relazione di minoranza; fu attivo con interrogazioni e interpellanze (in tutto 19) su diversi argomenti: sull’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine, sul fenomeno della mafia, sulla vicenda dei petroli e sul caso Pecorelli, sull’uccisione del magistrato Ciaccio Montalto…Ricorda Marco Boato  che  nell’aula della camera parlò pochissimo e sempre con interventi di pochi minuti, leggeva con voce lenta e roca, dopo averli preparati con una scrittura  minuta e minuziosa. Emblema dell’icasticità di parole brevi e quasi scolpite sulla pietra… mentre un silenzio assoluto regnava in aula. Attraverso alcune interpellanze veniamo a conoscere le idee di Sciascia: in merito all’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine, affermava che il dare alla polizia più poteri e ai colpevoli pene più dure non avrebbe fatto diminuire di un millesimo i fenomeni delinquenziali; non di leggi speciali, di poteri più vasti e arbitrari, la polizia aveva bisogno, ma di una buona istruzione, di un addestramento accurato, di una direzione intelligente; leggi speciali e poteri più ampi fanno demagogia e sarebbero pericolosi per noi cittadini e per la polizia stessa ( tutte cose che vennero a mancare per esempio alle forze dell’ordine durante il G8 di Genova). Queste leggi servono “A fare tabula rasa in questo paese dell’idea stessa del diritto”. Nell’interpellanza riguardante il fenomeno della mafia faceva riferimento ad un suo racconto paradossale Filologia cioè un dialogo sull’etimologia della parola mafia; ebbene, Sciascia, dice che si è rimasti alla filologia, alla sociologia del fenomeno non perché i carabinieri, i marescialli di pubblica sicurezza non facevano  il loro dovere, ma più in alto non si era fatto quello che si doveva fare. Cita l’esempio del commissario Giuliano quando indagava sul caso De Mauro, un uomo riservatissimo; aveva, Sciascia, notato nel suo comportamento una sorta di diagramma, era partito con una certa euforia, poi era subentrata la delusione. Per Sciascia il fenomeno mafioso si poteva combattere ”Riformando il sistema delle misure di prevenzione secondo criteri che introducano forme di controllo sugli illeciti arricchimenti”…( Quarta di copertina).   
Nella nota bibliografica Camilleri annota di aver attinto  il materiale del libro dalla rivista “Euros” diretta da Vittorio Nisticò (maggio-agosto 1993), dove sono raccolte le interpellanze e le interrogazioni d Leonardo Sciascia con note e commenti di Alfonso Madeo, Marco Boato, Igor Man, Fernando Savater. Inoltre   è stato fondamentale anche il volume-intervista La palma va a nord  Gammalibri, 1982.
Noi lettori possiamo ringraziare Camilleri per averci fatto conoscere Leonardo Sciascia come politico e di quanto il suo pensiero sia attuale in un’Italia di ieri e di oggi immutabile nelle sue anomalie, viziata da un immobilismo ignorato dai politici professionisti, ma additato da quella razza rara di scrittori il cui acume e la cui indignazione non li mette a tacere. E Sciascia è stato uno di quella speciale razza.