martedì 21 settembre 2010

Zoran Živkovic - L'ULTIMO LIBRO (Arcangela)

ARCANGELA CAMMALLERI
Questo romanzo è un thriller postmoderno sulle orme di Borges, a detta di tanti critici, la cui trama ricorda alla lontana Il nome della rosa di Umberto Eco. Il protagonista della storia è il libro e precisamente l’ultimo libro che svelerà il mistero di cui è intricato il plot. La trama sarà solo accennata per non togliere la suspense a chi vorrebbe leggere il romanzo. Delle morti si susseguono, luogo inusuale, in una libreria Il Papiro, mentre abituali clienti stanno leggendo un libro. L’ispettore Dejan Lukic, le due libraie Vera Gavrilovic e Olga Bogdanovic indagano alla ricerca di motivazioni e colpevoli di questi decessi inspiegabili, ma la soluzione dell’enigma sarà inaspettata e imprevedibile, al limite del paradossale e metafisico. Sullo sfondo della capitale serba, ai giorni nostri, in giornate autunnale e piovose, scorrono sensazioni di déjà lu, immagini oniriche ed incubi surreali; scaffali di libri come montagne sovrastanti occupano le pagine del romanzo. La libreria, la sala da tè in cui si consuma un cerimoniale tanto raffinato quanto orientale, in un’atmosfera di esalazioni di essenze che sovrapponendosi inebriano, l’edificio di medicina legale grigio e cupo, oltre un’alta recinzione, una villa segreta, luogo d’incontri di una setta di incappucciati, tutto secondo un sistema rigido proprio di un ordine segreto, sono gli ambienti in cui si muovono i personaggi della storia. Tema dominante è la letteratura e i suoi rapporti intercorrenti con l’autore: dov’è il confine tra immaginazione e realtà? In una fascinazione misteriosa si dipanano sogni e fantasia. Sulla superficie della letteratura, della cultura libresca e dell’amore per la scrittura, l’autore inventa una storia dal sottofondo scuro e criptico. Il libro e il suo ambiguo contenuto di verità e menzogna diventa un sortilegio che confonde e spiazza. Lo stereotipo dell’equazione: giallo uguale bassa letteratura è da Živkovic superato; l’alta letteratura non si nutre di generi letterari, li travalica! In uno stile alto, fascinoso e scorrevole, il romanzo s’incentra su un’idea vincente, un’emozione, un’invenzione godibile e fruibile per tutti quelli che amano le buone letture.

L’Autore: Zoran Živkovic è nato nel 1948 a Belgrado dove vive con la moglie e i due figli gemelli. Ha compiuto gli studi di filologia e teoria della letteratura all’università della sua città. Ha pubblicato diciotto volumi di narrativa e cinque di saggistica, con i quali ha vinto numerosi premi, in patria e all’estero. Le sue opere sono tradotte in molti Paesi tra i quali Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Olanda Russia, Spagna, Stati Uniti e Ucraina. Il suo blog è zoranzivkovic.wordpress.com.



lunedì 20 settembre 2010

Henning Mankell - IL CINESE (Arcangela)


Il cinese di Henning Mankell
Ed. Marsilio
Genere Thriller politico
Titolo originale Kinesen
Traduzione di Giorgio Puleo
Un libro in cui l’intreccio tra il giallo e lo storico è un intrigo ben riuscito

ARCANGELA CAMMALLERI
In un villaggio svedese, a Hesjövallen, avviene una strage: 19 corpi trucidati, tutti di persone anziane tranne quello di un ragazzino di circa 12 anni, vengono ritrovati nelle loro case. 19 nomi, tre famiglie, un corpo dopo l’altro, tutti contraddistinti dallo stesso furore folle, le stesse ferite inferte con un’arma affilata. Non è una normale indagine, tutto è così orribile da risultare incomprensibile. La responsabilità del caso è affidata alla poliziotta Vivi Sundberg, tenace e con una grande capacità di analizzare anche i più piccoli indizi. Per una strana e misteriosa tela di parentele sarà coinvolta nell’inchiesta, sia pure non in forma ufficiale, il giudice Birgitta Roslin. Da questo truce fatto di sangue si dirama una storia le cui radici affondano in un lontano passato lungo 140 anni. Dalle gelide foreste scandinave attraverso differenti piani temporali la trama si snoderà in Cina, negli USA, in Africa per ricomporre il suo tragico epilogo in Svezia. Mankell costruisce un libro corposo, una storia d’ampio spettro storico e riesce a dar vita ad un quadro di vite consunte dalla vendetta e dalla sete di riscatto sociale. Un frammento di storia, nell’800 molti cinesi furono venduti e sfruttati come schiavi in USA, nel Nevada, durante la costruzione della ferrovia, racconta con toni forti e partecipi la condizione di chi non ha riconosciuti nemmeno i più elementari diritti umani e soffre della propria dignità offesa. Di quanto la via del progresso e del profitto economico abbiano sacrificato migliaia di vite umane. Il passato, a volte, quando è stato troppo doloroso non si dimentica e l’odio è un fiele che avvelena l’esistenza. Dall’inizio della storia al suo svolgimento, il lettore è trasportato all’interno di un’altra storia a tinte fosche che costituisce il corpo centrale del plot in cui si dispiegano le vicende umane di Wang San, di Ya Ru, di Liu… Il diario di San esprime la rabbia cresciuta dentro di sé, il viaggio umano nel dolore di un uomo e lo scrive perché i suoi discendenti non dimentichino le ingiustizie subite. L’ingiustizia pesava su tutta la Cina. La parte finale si ricollega all’inizio come uno schema concentrico. Mankell racconta della Cina di Mao, del movimento contadino convinto di sollevarsi dalla miseria e che ha fatto enormi passi avanti, ma devono i cinesi ancora combattere contro la miseria che è ancora grande. Il cammino è ancora lungo. La Cina pre-olimpiade che ai suoi vertici ordisce trame politiche e i cui leader moderni si sono sostituiti ai vecchi capi del partito comunista con metodi corrotti e antidemocratici. L’eterno scontro tra gli ideali che non riescono a sopravvivere alle pressioni di una realtà che i vecchi teorici non avevano mai compreso. Mankell intreccia il genere giallo e quello storico in modo naturale senza discrepanze stilistiche né di contenuto, tutto viene ricomposto nella sua giusta collocazione. I personaggi si delineano man man che ci si addentra nello scritto, la loro natura umana emerge in tutte le proprie sfaccettature. È un romanzo interessante che appassiona sin dalle prime pagine e si legge come “si suol dire” tutto di un fiato. 



L’autore. Henning Mankell, scrittore e regista teatrale, è nato a Stoccolma nel 1948, vive tra la Svezia e il Monzambico. Dal 1998 è sposato con la regista teatrale e televisiva Eva Bergman, figlia di Ingmar Bergman. È autore dei gialli con protagonista il commissario Wallander, nove episodi tradotti in 40 lingue che hanno venduto nel mondo 30 milioni di copie. La serie comprende i titoli: Assassino senza volto, I cani di Riga, La leonessa bianca, L’uomo che sorrideva, La falsa pista, La quinta donna, Delitto di mezza estate, Muro di fuoco e Piramide. A ottobre 2010 verrà pubblicato L’uomo inquieto, l’ultimo caso del commissario Wallander. Nel catalogo Marsilio, anche i gialli Il ritorno del maestro di danza, Il cinese, e il libro testimonianza Io muoio, ma il ricordo vive. Un’altra battaglia contro l’Aids.




A CURA DI ARCANGELA CAMMALLERI


lunedì 6 settembre 2010

Dennis Lehane - L'ISOLA DELLA PAURA (Arcangela)

“Dobbiamo sognare i nostri sogni e dar loro vita?”
Elisabeth Bishop. Question of travel
Arcangela Cammalleri
Questo romanzo è un thriller ad alta tensione, psicologico e coinvolgente. La trasposizione cinematografica di Martin Scorsese ricrea le stesse atmosfere cupe e claustrofobiche del libro, scene apocalittiche  durante l’imperversare dell’uragano e personaggi tetri e foschi, alcuni dei quali hanno solo parvenze umane. L’isola è la protagonista assoluta della storia, una cosa che cattura nelle sue spire chi approda e  non sa che è un viaggio senza ritorno. Ciò che appare sembra, ma non  è reale; la vita reale è labile come foschia che dirada all’orizzonte, solo gli incubi depredano il cervello umano e come alieni invadono i gangli nervosi. L’agente federale Teddy Daniels, eroe di guerra (nella seconda guerra mondiale), porta i suoi fantasmi interni sull’isola. Nel settembre del 1954, da Boston dove abita, è inviato nell’isola di Shutter, a Ashecliffe Hospital, un manicomio criminale per indagare la scomparsa di una  certa paziente, Rachel Solando. La trama non si può raccontare, come ogni noir, degno di questo nome, deve rimanere nel mistero e solo chi lo legge può trarne le sue conclusioni. Ma si può sottolineare i temi di fondo sottesi alla storia: la guerra che fabbrica eroi mediante omicidi legalizzati e devasta il cervello e il fisico fino, a volte, all’annientamento, le pratiche psichiatriche da camicia di forza e pene detentive, spacciate per cure per le malattie mentali, la società americana con i suoi perversi meccanismi di supposta autodifesa che annega i suoi fantasmi nell’alcool e in un rigido moralismo patriottico. Un finale aperto sorprende e le ultime pagine e le ultime righe sono un colpo mancino da parte dell’autore assestato con astuzia e con una buona dose di perfidia. Lambiccarsi il cervello e indurre alla riflessione sono i messaggi sublimali che Dennis Lehane lancia al lettore. Come rimanerne? Delusi? No, perché il protagonista ci entra nella mente, in quel suo continuo arrovellarsi; le visioni, i sogni, sono così fisici da frantumare l’interezza dell’io. Le sue sofferenze, così tangibili, dilaniano ogni fibra del suo corpo che sembra quasi di sentire  e percepire, attraverso le pagine, tutte le sensazioni  più intime. I traumi passati diventano un’arma che si ritorce su se stessi, ci sono esperienze, quali la guerra, la morte violenta che inesorabilmente l’animo, sconvolgendo la psiche. In questa narrazione l’amore del protagonista per la moglie è totalizzante, terribile “segnanoLei era stato tutto l’amore che avesse mai provato” e questo amore è descritto come gioia, esaltazione prima,  sofferto, tormentato  e senza tregua dopo, consuma il suo spirito. Lehane coglie ogni dettaglio dei sentimenti che vivono nella mente di Teddy, esplora l’animo umano con grande psicologia. E come se svegliasse la memoria intorpidita dal troppo dolore e scavando in profondità facesse affiorare tutto l’indicibile non altrimenti sopportabile. La verità non sempre è il bene, l’apparenza di essa è eticamente accettabile quando la pretesa di possedere una verità assoluta  è relativa all’individuo.  Una bella scrittura, una bella riflessione sull’uomo quando la sua vita si trasforma in dramma e tutto precipita, uno dei motivi per leggere questo libro ed apprezzare l’intenzione profonda che muove l’autore a raccontare questa vicenda.

 

  Dennis Lehane.  Di origine irlandese, vive a Boston, dove ha ambientato tutti i suoi romanzi. Dopo aver fatto i mestieri più disparati, si è dedicato interamente alla scrittura. I suoi romanzi sono venduti con grande successo in tutto il mondo e pubblicati in Italia da Piemme. Tra gli altri ricordiamo La casa buia. Gone Baby Gone, diventato un film per la regia di Ben Affleck. Mistic River. La morte non dimentica, bestseller internazionale da cui è stato tratto il celebre film di ClintEastwood, e Quello era l’anno, con cui si cimenta nel grande romanzo epico. Da L’isola della paura Martin Scorsese ha tratto il film Shutter Island, con Leonardo DiCaprio e il Premio Oscar Ben Kingsley.






Andrea Camilleri - UN ONOREVOLE SICILIANO (Arcangela)

                                      
Arcangela Cammalleri
   Quarta di copertina.
“Secondo me, questo è il punto; l’illecito arricchimento. Questa proposta va benissimo, ma bisogna allargarla, estenderla; il controllo, cioè, deve estendersi anche a noi, che stiamo su questi banchi, a coloro che siedono sui banchi del senato, a coloro che siedono nelle assemblee regionali e nei consigli municipali, non trascurando nemmeno certi funzionari e certi ufficiali che hanno il compito di prevenire e reprimere appunto il fenomeno mafioso.”
Leonardo Sciascia, Sul fenomeno mafioso


Andrea Camilleri in questo scritto riporta e commenta Sciascia politico, le interrogazioni e le interpellanze che presentò quando (il suo primo impegno politico risale al 1975 quando si candidò come indipendente nelle liste del partito del PCI alle elezioni comunali di Palermo) fu deputato alla Camera  come indipendente nelle liste dei radicali nell’arco di tempo tra il 1979 e il 1983. Fece parte della commissione per gli Affari esteri e della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro. L’impegno politico dello scrittore siciliano fu diretto come deputato e indiretto attraverso degli articoli che pubblicò prima sul Corriere della Sera e poi sulla Stampa relativi all’evolversi delle BR, al terrorismo. Veemente, incisivo ed eticamente impegnato sia nella scrittura sia nella politica profuse idee, energie e grande forza espressiva. Nella realtà politica vedeva come una specie di proiezione  dei fatti immaginati nei suoi scritti, la prefigurazione  e poi il verificarsi di essi erano la comprova di quanto smarrimento e preoccupazione potesse destare una classe politica criticabile nei suoi atti; “il mio essere contro lo Stato” va visto – diceva - come una delusione e non come un’avversione”. Infatti affermava che la politica fosse un’attività mediocre per uomini mediocri. Ma a chi gli chiedesse perché facesse politica lui che mediocre non era né pensava di esserlo rispondeva che un uomo vivo ha diritto alla contraddizione, in nome della vita, della speranza. Occuparsi di politica nel  senso etico, anche se è confusione voler scambiare la politica con l’etica,  sarebbe stato felice se gli italiani cadessero in tale ben salutare confusione.
Camilleri riporta fedelmente gli undici interventi di Sciascia che sicuramente risultano di suo pugno e commenta brevemente  evidenziando i punti cardine di ciascuno di essi.
Come deputato, Sciascia partecipò attivamente alle sedute della commissione d’inchiesta sul sequestro e l’assassinio di Moro, redigendo una relazione di minoranza; fu attivo con interrogazioni e interpellanze (in tutto 19) su diversi argomenti: sull’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine, sul fenomeno della mafia, sulla vicenda dei petroli e sul caso Pecorelli, sull’uccisione del magistrato Ciaccio Montalto…Ricorda Marco Boato  che  nell’aula della camera parlò pochissimo e sempre con interventi di pochi minuti, leggeva con voce lenta e roca, dopo averli preparati con una scrittura  minuta e minuziosa. Emblema dell’icasticità di parole brevi e quasi scolpite sulla pietra… mentre un silenzio assoluto regnava in aula. Attraverso alcune interpellanze veniamo a conoscere le idee di Sciascia: in merito all’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine, affermava che il dare alla polizia più poteri e ai colpevoli pene più dure non avrebbe fatto diminuire di un millesimo i fenomeni delinquenziali; non di leggi speciali, di poteri più vasti e arbitrari, la polizia aveva bisogno, ma di una buona istruzione, di un addestramento accurato, di una direzione intelligente; leggi speciali e poteri più ampi fanno demagogia e sarebbero pericolosi per noi cittadini e per la polizia stessa ( tutte cose che vennero a mancare per esempio alle forze dell’ordine durante il G8 di Genova). Queste leggi servono “A fare tabula rasa in questo paese dell’idea stessa del diritto”. Nell’interpellanza riguardante il fenomeno della mafia faceva riferimento ad un suo racconto paradossale Filologia cioè un dialogo sull’etimologia della parola mafia; ebbene, Sciascia, dice che si è rimasti alla filologia, alla sociologia del fenomeno non perché i carabinieri, i marescialli di pubblica sicurezza non facevano  il loro dovere, ma più in alto non si era fatto quello che si doveva fare. Cita l’esempio del commissario Giuliano quando indagava sul caso De Mauro, un uomo riservatissimo; aveva, Sciascia, notato nel suo comportamento una sorta di diagramma, era partito con una certa euforia, poi era subentrata la delusione. Per Sciascia il fenomeno mafioso si poteva combattere ”Riformando il sistema delle misure di prevenzione secondo criteri che introducano forme di controllo sugli illeciti arricchimenti”…( Quarta di copertina).   
Nella nota bibliografica Camilleri annota di aver attinto  il materiale del libro dalla rivista “Euros” diretta da Vittorio Nisticò (maggio-agosto 1993), dove sono raccolte le interpellanze e le interrogazioni d Leonardo Sciascia con note e commenti di Alfonso Madeo, Marco Boato, Igor Man, Fernando Savater. Inoltre   è stato fondamentale anche il volume-intervista La palma va a nord  Gammalibri, 1982.
Noi lettori possiamo ringraziare Camilleri per averci fatto conoscere Leonardo Sciascia come politico e di quanto il suo pensiero sia attuale in un’Italia di ieri e di oggi immutabile nelle sue anomalie, viziata da un immobilismo ignorato dai politici professionisti, ma additato da quella razza rara di scrittori il cui acume e la cui indignazione non li mette a tacere. E Sciascia è stato uno di quella speciale razza.    

Luigi Imperatore - INTRIGHI E NOBILTA' (Sonia)

Intrighi e nobiltà.
Forse amo gli intrighi un po’ meno la nobiltà, di sicuro non amo
particolarmente i gialli.
O, in genere, non adoro i libri di genere (amo le parole che fanno a botte,
però).
Tutta questione di gusti, come sempre.
Per andare contro me stessa, ho preso tra le mani questo piccolo libro,
genere
giallo, copertina anch’essa gialla.
Ho incontrato tanti personaggi che soavemente calcavano le scene di questo
piccolo paese di provincia.
Un paesino normale, piccolo, dove poco e niente succede. La pioggia, una
birra
al bar, una chiacchierata con gli amici, una bella ragazza. Storie
raccontate,
passati che diventano piccole leggende.Leggende che non passano.
E della natura del piccolo paese incontriamo tutti i pro e tutti i contro.
Ogni evento, è destinato a produrre una eco. Grande o piccolo che sia l’
evento, questo non rileva: l’importante è parlarne perché non c’è neanche un
piccolo spazio per i segreti. Nè un ripostiglio, nè una cassetta di
sicurezza.
Tutti sanno tutto di tutti e la privacy è collocata in un albero troppo alto
per essere colta, un bene irraggiungibile.
Emerge repentinamente dalle prime pagine quella ancestrale e immortale linea
di demarcazione tra le persone comuni (poveracci direbberro "nobilmente" i
nobili) e i nobili. Linea di demarcazione che viene puntualmente tracciata
(ahimè la storia insegna) dall’arroganza del conte. Figura, quest’ultima,
che
non appare ma che si impone. La prepotenza, d’altronde, non ha bisogno di
essere annunciata, si sa. Ma anche questo rientra nell’ordine naturale delle
cose di quella vita….
La tranquilla quiete di questo ridente paesino, all’improvviso, subisce una
rottura.
Una rottura segnata da un fatto di sangue. Un omicidio.
E da questo fatto, nel tiepido cielo di quella mite realtà paesana, iniziano
vorticosamente, come uno sciame impazzito di api, a svolazzare mille
domande,
mille dubbi.
Dubbi che assillano e che, come una irrefrenabile di catena di Sant’Antonio,
generano altri dubbi , malignamente forieri di altri dubbi ancora.
In questo clima tetro, un gruppo di amici decide di svolgere indagini
parallele a quelle ufficiali.
Un po’ perché la vittima era un loro amico, ma anche per vivere un’avventura
della quale forse avevano bisogno come di un bene che non sapevano,
consciamente, di volere. Per andare avanti, per sentirsi eroi, per sfuggire
alla monotonia loro continua compagna di vita.
Saranno loro che, senza mai vestire i panni dei supereroi televisivi,
arriveranno alla soluzione del fitto mistero.
Divengono eroi, credibilissimi eroi.
I loro corpi non subiscono allucinate mutazioni, non indossano mantelli
fluorescenti o inusuali abiti da scena: conservano la loro semplice identità.
Il tutto è raccontato da Imperatore con uno stile lineare, cristallino.
Mi è parso di vedervi, in qualche modo, le atmosfere di Camilleri, senza
però
che sia possibile individuare una abdicazione da parte dell’autore al
proprio
stile che rimane il Suo e solo il suo..
Gialli ? Mai dire mai.

Recensione di Sonia Argiolas

Mentre il Maresciallo Scognamiglio indaga per risolvere un efferato omicidio
avvenuto in un piccolo paese, tre meccanici si muovono in direzioni opposte,
ma
per raggiungere lo stesso scopo: trovare l'assassino. Fra ostacoli, colpi di
scena e eventi inaspettati Gigi, Carlo e Paolo si troveranno catapultati in
un
mondo, quello del lusso e della criminalità, che non conoscevano e che
riserverà loro innumerevoli sorprese. Chi alla fine riuscirà a scoprire
l'omicida e lo assicurerà alla giustizia?
NOTE DI COPERTINA
 

sabato 4 settembre 2010

Camilleri / Lucarelli - ACQUA IN BOCCA (Arcangela)

Arcangela Cammalleri
Camilleri ha rinverdito il romanzo epistolare e insieme a Lucarelli ha dato vita ad un esperimento a dir poco originale. La genesi dell’opera è quanto mai inusuale e casuale, niente di progettato a tavolino e tanto meno nella mente dei due scrittori. Come raccontato dalla nota dell’editore Daniele di Gennaro riportata alla fine della storia, tutto ha inizio nella primavera del 2005.  A Roma nello studio di Andrea Camilleri, con Carlo Lucarelli si girano le immagini di un documentario per Raitre A quattro mani prodotto da minimum fax media per parlare di letteratura poliziesca, e tra battute e rimandi di frasi tra i due scrittori, l’editore butta lì una domanda su come si comporterebbero i due personaggi letterari, l’ispettrice  Grazia Negro e il commissario Salvo Montalbano, le rispettive creature di Lucarelli e Camilleri, con un cadavere in mezzo, come avrebbero interagito in un’inchiesta… E’ stato il là d’inizio di una sorta di jam session letteraria, in cui l’uno parla, l’altro ascolta in un continuo sorprendere e sorprendersi. Da una semplice provocazione azzardata di  scrivere una storia, nasce in nuce una trama che tramite uno scambio epistolare,  ha trasformato la jam session iniziale in una partita a scacchi senza esclusione di colpi. Il gusto del rischio, dell’imprevedibile ha preso entrambi gli scrittori, il cui cimento per il gioco ha prodotto questo libro, dal plot  rimaneggiato e smontato durante  la lunga gestazione, con varie interruzioni, durata ben 5 anni. Acqua in bocca già dal titolo e dalle prime righe di lettura assume connotazioni semantiche diverse: significato letterale  e metaforico. Infatti  un cadavere rinvenuto con la testa dentro ad un sacchetto di plastica e tre pesciolini rossi stecchiti vicino, apre la scena del crimine: è l’inizio di un’indagine non autorizzata che in una sorta di dialogo a distanza cioè  a colpi di lettere più o meno segrete Grazia Negro e Salvo Montalbano collaborano alla risoluzione del mistero. Si dà vita al genere crossover già inaugurato al cinema con Chi ha incastrato Roger Rabbit, il cosiddetto gioco degli incontri di autori, personaggi in una stessa narrazione, in uno scarto della fantasia  semplicemente siderale. Questo trucco combinatorio, o pastiche o incrocio narrativo dei due campioni letterari è un vero gioco divertente sia per gli autori sia per i lettori. Ma in barba ad ogni logica Montalbano subisce due mutazioni: una fisica, è calvo; una linguistica,  parla in italiano con un cabasisi ogni tanto,  tanto per non perdere l’abitudine del dialetto. L’effetto prodotto è uno “straniamento brechtiano” (Camilleri), che trasferisce il lettore in quei mondi possibili e paralleli in cui tutto può accadere. I due geniali artefici di questo puro esercizio letterario non subiscono mutazioni  di stile, si alternano e si completano a vicenda in un clima narrativo che di stupefacente ha l’atto dello scrivere per il piacere di raccontare storie.

                                                       
Andrea Camilleri (1925), è autore di oltre 60 romanzi tra storici, civili e polizieschi, e di diverse raccolte di racconti, tradotti in più di 30 lingue. Vincitore di numerosi premi in Italia e all’estero, è noto al grande pubblico anche per i romanzi dedicate alle inchieste del commissario Montalbano, da cui è stata tratta la fortunata serie televisiva. Tra i tanti titoli ricordiamo: “La forma dell’acqua”, “Il cane di terracotta”, “Il ladro di merendine”, “La voce del violino”, “La stagione della caccia”, “Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”, “La gita a Tindari”, “Maruzza Musumeci”, “Il casellante”, “Il campo del vasaio”, “L’età del dubbio”, “Un sabato, con gli amici” “Il sonaglio”  “ La caccia al tesoro”…



Carlo Lucarelli (1960) ha pubblicato 14 romanzi e una dozzina di opere di non-fiction sulla recente storia criminale del nostro paese, riscuotendo vasti consensi di pubblico e riconoscimenti critici (premio Scerbanenco, SilverDagger Award).E autore e conduttore del programma televisivo Blu notte, e ha scritto numerosi soggetti e sceneggiature per il cinema e la tv.







Andrea Camilleri - IL NIPOTE DEL NEGUS (Arcangela)

Arcangela Cammalleri


Questo libro di Camilleri di genere storico, come espresso dall’autore, ha la stessa struttura narrativa de “La concessione del telefono”- documentazioni d’archivio o missive che sembrano dispacci perentori s’intersecano a frammenti dialogici-narrativi in un rimando continuo di stampo tipico camilleriano. Secondo notizie veritiere, si narra di un nipote del Negus etiopico Haileè Sellassiè che negli anni 1929-1930, frequentò a Caltanissetta la Regia Scuola Mineraria presso la quale si diplomò perito minerario nel 1932. Qui finisce “la verità” e da qui inizia la fantasia! Sì, lo sfondo storico fa da fondale alla rappresentazione teatrale della vicenda, ma i cerchi concentrici che attorniano i fatti, i personaggi, sono frutto esclusivo dell’inventiva dello scrittore: la retorica tronfia dell’epoca investe come vento impetuoso e trascina sentimenti e azioni in una sorta d’irriverente pantomima di memoria goliardica. Tra le righe entriamo da spettatori in una sorta di film in 3D, ci sembra di rivivere, certo in toni farseschi e burleschi, situazioni quasi reali ed attuali e non già fantasmi del passato ormai desueti. Come non ridere con un retrogusto amaro agli ossequi inverecondi verso i superiori, ai titoli onorifici così ridondanti ed enfatici, alla supponente grandeur di una nazione piccina piccina. Con sarcastica vis Camilleri ci presenta una verità storica in modo talmente burlesco da risultare falsa e una falsità storica così pronunciata da risultare vera. E’ il gioco degli inganni di chi si crede furbo e s’inganna e a sua volta viene ingannato. Una farsa che ha le movenze di un minuetto e il tono scanzonato e irriverente di uno sberleffo. L’intreccio ricorda una novella boccaccesca, tra intrighi ed intrecci amorosi, tra ragion di stato e convenienze personali, tra vizi confusi con desideri in un carosello umano più farsesco che reale. Camilleri ci diverte e ci delizia, ma forse avremmo voluto ridere meno su noi stessi, su quello che siamo stati e siamo, perché c’è poco da ridere quando i sogni dei più vengono meno e non albergano speranze di reali cambiamenti positivi per tutti.


Andrea Camilleri - LA RIZZAGLIATA (Arcangela)

Arcangela Cammalleri
Anche questa volta Camilleri ha teso la rete ai  suoi fedeli lettori che non sono 25, li ha incastrati in questa storia in cui è complicato districarsi anche se non sono i pesci “ cchiù stùpiti o cchiù lenti, ma lo stesso non si sono  scansati ’n tempo”.
Dal titolo: dicesi rizzaglio, una rete a forma di campana, chiusa in alto e aperta sotto, contornata da piombini. Si fa roteare perché deve ricadere come un ombrello aperto, cade in acqua per il peso dei piombini, il pescatore tira una corda e la parte inferiore si chiude. Dentro restano i pesci: una bella rizzagliata. Questo romanzo, pubblicato prima in Spagna con il titolo “La muerte de Amalia Sacerdote”, ruota attorno all’omicidio di una studentessa universitaria, Amalia, figlia di Antonino Sacerdote, il segretario capo dell’assemblea regionale, trovata uccisa e che per atto dovuto è  inviato un avviso di garanzia al fidanzato Manlio, figlio dell’onorevole senatore Caputo. Relazioni pericolose, macchinazioni, geometrie occulte e disegni criptati s’intersecano in un gioco che di teatrale ha poco e di reale molto, la politica volta e travolta, come le cronache ci insegnano,  nel suo inesorabile deviamento verso sordidi obiettivi ed interessi personali. Il caso è seguito da Michele Caruso, il direttore della testata giornalistica regionale della Rai! il direttore di un telegiornale della Sicilia occidentale  “Telepanormus”, la sua storia intima e privata  fa da contraltare alla vicenda, in generale, come un cerchio concentrico che si espande e pesca solo quello e quelli che deve pescare. Camilleri fa muovere i personaggi come dentro una scacchiera, le mosse delle pedine inizialmente un po’ imprecise, reticenti, man mano trovano la loro naturale collocazione e alla fine non c’è la sorpresa o il botto come se fin da principio una strategia pianificata portasse alla risoluzione del caso “Ad usum Delphini”. L’imbarbarimento della società e sommamente della politica, il malaffare, la corruzione globalizzati, un blob che ingloba partiti politici, finanza, magistratura, mafia, poteri pubblici…il tutto mixato da battute mordaci e allusive,   con il doppio senso della parola siciliana che l’autore orchestra con svariate coloriture stilistiche. Personaggi  e situazioni, come tiene a dichiarare e ribadire Camilleri sono frutto di una pura e semplice invenzione senza nessun riferimento con persone realmente esistenti, ma come non poter ravvisare gli stessi scenari che quotidianamente giornali e televisioni ci mostrano e quanto le anomalie italiane ci stanno trascinando in uno dei punti più bassi della nostra storia.

Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle nel 1925. Ha esordito come romanziere nel 1978 con “Il corso delle cose”. Della sua ricchissima produzione letteraria tutti i romanzi con protagonista il commissario Montalbano sono pubblicati dalla casa editrice Sellerio e altri, tra questi ricordiamo: “La forma dell’acqua”, “Il cane di terracotta”, “Il ladro di merendine”, “La voce del violino”, “La stagione della caccia”, “Il birraio di Preston”, “La concessione del telefono”, “La gita a Tindari”, “Maruzza Musumeci”, “Il casellante”, “Il campo del vasaio”, “L’età del dubbio”, “Un sabato, con gli amici” “Il sonaglio” “Il cielo rubato”, “ La tripla vita Michele Saracino”.  


 

mercoledì 1 settembre 2010

H.P. Lovecraft - I RACCONTI DEL NECRONOMICON (Pietro)


     
Howard Phillips Lovecraft (Providence, 20 agosto1890Providence, 15 marzo 1937) è stato uno scrittore statunitense del fantastico.
Non molto apprezzato dai critici del suo tempo - forse perché troppo innovativo[1] - non godette mai di buona fama se non dopo la sua morte. È oggi riconosciuto fra i maggiori scrittori di letteratura horror insieme ad Edgar Allan Poe, ed è considerato da molti uno dei precursori della fantascienza angloamericana. In particolare S.T. Joshi definisce l'opera di Lovecraft come: «un inclassificabile amalgama di fantasy e fantascienza, e non è sorprendente che abbia influenzato in maniera considerevole lo sviluppo successivo di entrambi i generi».[2]



    
Attivo fino alla metà degli anni '30, Howard Phillips Lovecraft continua ancora oggi ad appassionare i lettori del fantastico con racconti sorprendenti e terribili: in un periodo in cui gli effetti speciali del cinema ci hanno abituati all'orrore e alla paura, il trionfo di Lovecraft e del suo Necronomicon è ancora più evidente. Mescolando i temi che avrebbero poi dato vita ai generi di fantasy a fantascienza, Lovecraft sviluppa attorno al tema del Necronomicon una serie di racconti che sono sempre attuali e diabolici, perché descrive ciò che il cinema e i computer non possono rappresentare: il sublime e sconfortante senso di vuoto che l'uomo sempre ha provato, e sempre proverà, di fronte all'interminabile abisso dell'ignoto, descritto dall'autore con una schiettezza ed efficacia tale da far rabbrividire anche il più coraggioso dei lettori.
Sette racconti e due frammenti selezionati da Gianni Pilo che, un passo alla volta, introducono gradualmente il lettore nel terribile mondo delle creature dell'abisso.
Si consiglia di leggere "I racconti del Necronomicon" da soli, in una casa di campagna abbandonata, possibilmente a lume di candela.
Pietro Aliprandi